Realtà virtuale, come funziona la tecnologia per i mondi digitali
Chi la prova se ne innamora. La realtà virtuale è in grado di regalare emozioni, far vivere avventure fantastiche, offrire una scappatoia dalla noia che ogni tanto fa capolino nella vita di molti. È una tecnologia ormai matura e, tutto sommato, anche alla portata di tutte le tasche.
Per una perfetta immersione nella realtà virtuale servono tre ingredienti: un visore integrato con un display che avvolge la vista e un sistema audio surround, un computer (una console o uno smartphone) e un controller, o altro dispositivo di input, per interagire con questa nuova dimensione. Il cervello sa che è una finzione, ma i sensi non gli danno ascolto: credono, anche solo per un attimo, a tutto quello che vedono, sentono e toccano. Un ottimo antidoto per evadere dalla monotonia quotidiana e ritagliarsi un luogo fantastico ai confini del mondo. L’unico rischio della VR (virtual reality)? Può creare dipendenza!
Cos’è la realtà virtuale
La realtà virtuale nasce dalla combinazione di dispositivi hardware e software che “collaborano” per creare uno spazio virtuale all’interno del quale l’utente può muoversi liberamente. L’accesso a questo mondo digitale è reso possibile dai visori VR e dagli accessori (non solo joypad, ma anche guanti, scarpe e altro) sviluppati appositamente per interagire e “vivere” all’interno della realtà virtuale. In questo modo si viene a creare un mondo simulato e tridimensionale che agli occhi (ma non solo) degli utenti appare come reale, per l’appunto. E proprio come accade nella realtà, l’ambiente virtuale/reale all’interno del quale ci si immerge, può essere esplorato in ogni singolo centimetro e in ogni direzione. All’utente sarà sufficiente voltare la testa per vedere cosa accade ai suoi lati o sollevarla verso l’alto per vedere la pioggia scendere sulla sua testa. Il visore, e i software che utilizza, terranno traccia dei movimenti della testa (vedremo tra poco come) così da adattare prospettiva e visuale alla nostra posizione e offrire immagini realistiche.
Fonte foto: Pexels
C’è realtà virtuale e realtà virtuale
Sul primo gradino ci sono i modelli Google Cardboard: caschetti di cartone o, comunque, super economici, che permettono di piazzare davanti agli occhi uno smartphone che visualizza applicazioni in grado di offrire, secondo il colosso di Mountain View, delle “esperienze immersive”. Va bene, ma è come guidare una bici invece di una moto. La “vera” realtà virtuale è qualcosa di completamente diverso. Serve un kit costituito da un visore – come un Oculus Rift o una PlayStation VR – collegato a un computer, o ancora meglio a una console, con una serie di dispositivi per il controllo dei movimenti della testa e degli occhi, della voce e dell’audio, oltre a un controller o, come minimo, un trackpad. Se si cerca il massimo esistono anche guanti speciali per la realtà virtuale.
(video tratto da YouTube)
Visuale 3D immersiva a tutto campo
L’obiettivo dei visori VR è quello di creare una sorta di nuova dimensione, qualcosa di ben diverso dal 3D offerto da TV o occhialini più meno speciali. È vero che si tratta, anche in questo caso, di un ambiente virtuale in tre dimensioni ma che non ha limiti né “punti ciechi” perché lo schermo del visore copre ogni possibile movimento degli occhi e della testa. Il video, o il gioco, viene inviato dal computer al visore tramite un cavo HDMI (alta definizione). Alcuni modelli si presentano con uno schermo LED per occhio con l’aggiunta di lenti, mentre altri permettono persino di regolare la distanza tra gli schermi e gli occhi per una visione ancora migliore. In altri prodotti, invece, come il Daydream di Google e il Samsung Gear VR, è lo smartphone a fungere da schermo, ma inserito in un apposito alloggiamento.
Fonte foto: Flickr
Ancora più reale della realtà
Alcuni visori usano uno stratagemma per offrire un’immersione nella realtà virtuale ancora più spettacolare: allargare il campo visivo, per esempio ingrandendo la dimensione delle immagini. Un display a 360 gradi risulterebbe troppo costoso, oltre che inutile, quindi la maggior parte dei prodotti di fascia alta offre un campo visivo dai 100 ai 110 gradi che sono più che sufficienti per raggiungere l’obiettivo. Inoltre, per rendere le immagini ancora più realistiche, è necessario un “frame rate” – ossia una frequenza di fotogrammi – dell’ordine di circa 60 fps per evitare una visione a scatti o che dia fastidio agli occhi. L’attuale generazione di visori, come l’Oculus Rift o la PlayStation VR, offrono rispettivamente una frequenza di 90 fps e 120 fps.
(video tratto da YouTube)
Vietato non muovere la testa
Anche altre tecnologie entrano in gioco quando si parla di realtà virtuale, come l’head tracking, ossia quel sistema che monitorizza il movimento della testa: l’immagine, in pratica, si sposta seguendo esattamente i movimenti del capo: in alto in basso, di lato, avanti e indietro. È quello che in gergo viene chiamato “six degrees of freedom“, ovvero “sei gradi di libertà”. L’head tracking, per funzionare, richiede la presenza all’interno del visore di strumenti come un giroscopio, un accelerometro e un magnetometro. Il Sony utilizza, per esempio, nove luci led posizionate sul suo visore che, comunicando con una videocamera esterna, offrono un tracking di 360 gradi. Oculus propone un sistema simile, ma non paragonabile alla PlayStation VR. Si parla, inoltre, di latenze (tempi di reazione) davvero minime dell’ordine di 50 millisecondi, se non addirittura 30 ms per la Oculus. Non può ovviamente mancare in un visore che si rispetti un sistema audio professionale che offra, soprattutto nei giochi, la sensazione di suoni che provengono da tutte le direzioni, o in avvicinamento o allontanamento.
Fonte foto: Flickr
Tutto (o quasi) sotto controllo
L’head tracking, infine, va in coppia con l’eye tracking. La tecnologia, in questo caso, per monitorare il movimento degli occhi sfrutta un sensore a infrarossi che offre, l’ulteriore vantaggio, di rendere ancora più realistica la profondità di campo. Nei visori standard, però, le immagini sono tutte a fuoco che non è il modo in cui si vede la realtà. Non a caso, i modelli di fascia alta sono invece in grado di giocare con il “fuoco”, per così dire, sfuocando, per esempio, le immagini in lontananza lasciando nitide quelle in primo piano.
L’ultima frontiera della realtà virtuale, infine, è il motion tracking: il sensore di movimento per conoscere sempre dove si trova l’utente nello spazio come fa ormai da anni Microsoft Kinect. Qui, però, entriamo nel campo degli accessori opzionali. Tra i pochi modelli che offrono questa tecnologia, ci sono le solite Oculus e Sony. Ma esistono anche altri dispositivi che molti produttori stanno abbinando ai visori di realtà virtuale come controller o joystick, comandi vocali, guanti intelligenti e persino tapis roulant.
I campi di applicazione della realtà virtuale
Viste queste sue caratteristiche, la realtà virtuale ha le potenzialità per rivoluzionare – nel vero senso della parola – diversi settori dell’intrattenimento, della produzione industriale e del commercio. Il lancio del PlayStation VR, ad esempio, fornisce un assaggio di come i visori VR possono “impattare” nel settore videoludico, fornendo un’esperienza di gioco completamente differente rispetto al passato. Allo stesso modo, anche il settore turistico potrebbe mutare così profondamente che, nel giro di pochi anni, potrebbe essere irriconoscibile: sarà sufficiente indossare un visore VR, infatti, per spostarsi immediatamente in una località turistica e visitarla ben prima di metterci piede. In questo modo si potrà scegliere la meta delle vacanze estive o invernali con piena consapevolezza ed evitando spiacevoli sorprese.
Fonte foto: web
La realtà virtuale, inoltre, consentirà di “provare” gli abiti (e accessori di ogni tipo) prima di acquistarli e senza la necessità di passare dal camerino: si indossa il visore e si scorre tutto il magazzino del negozio, decidendo di volta in volta cosa provare e cosa acquistare. Le piattaforme hardware e software sviluppate da Nvidia (produttore di chip, particolarmente noto per le sue schede grafiche), invece, vogliono dare un impulso all’utilizzo della realtà virtuale negli ambienti di lavoro. Grazie a software di rendering 3D, ad esempio, si potranno “costruire” ed esplorare palazzi e abitazioni virtuali, così da verificarne eventuali deficit progettuali e dare modo ai committenti di “abitarle” (anche se per pochi minuti) prima della posa della prima pietra; medici e chirurghi, invece, potranno utilizzare visori VR per “ripassare” i passaggi più difficoltosi e insidiosi degli interventi chirurgici.
Fonte foto: Nvidia
Realtà virtuale vs. realtà aumentata
Bisogna però fare attenzione a non confondersi: la realtà virtuale ha ben poco a che fare con la realtà aumentata. Forse tratti in inganno dai visori, per alcuni versi simili, molti credono che le due tecnologie siano, di fatto, una sola e i termini possano essere utilizzati a mo’ di sinonimi. La realtà (è il caso di dirlo) è un’altra. Mentre le tecnologie e i software legati alla realtà virtuale permettono di “immergersi” in un mondo completamente digitale e slegato da quello esterno e fisico, la realtà aumentata si “sovrappone” alla realtà fisica, fornendo agli utenti delle informazioni aggiuntive riguardanti l’ambiente che li circonda. I visori per la realtà aumentata (come Google Glass, ormai pensionato, o Microsoft HoloLens) sfruttano i loro sensori e la connettività alla Rete per fornire, ad esempio, le indicazioni per raggiungere a piedi o in bici la piazza o la stazione ferroviaria che si stava cercando; permettono di visualizzare SMS e messaggi di posta elettronica (o testi di qualunque genere) senza dover distogliere lo sguardo da quello che si sta già facendo; consentono di automatizzare molte azioni altrimenti svolte a mano. Sfruttando ologrammi e altre animazioni grafiche, visori come Microsoft HoloLens sono in grado di “arricchire” la realtà (aumentarla, per l’appunto) con informazioni altrimenti difficilmente reperibili.
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